Viaggio della speranza

Dopo soli tre mesi di adattamento Lussemburghese l’incontrollabile sensazione di malinconia e il richiamo di casa ha prevalso. Per cui senza ragionarci troppo, giovedì pomeriggio siamo partiti come tre pellegrini in direzione Italia. In realtà, un minimo di programmazione lo abbiamo anche fatto, ma come quasi sempre accade abbiamo sottostimato la reale situazione che ci si sarebbe prospettata.

Decidendo tutto all’ultimo momento, i prezzi dei biglietti aerei erano impraticabili, paragonabili quasi a quelli della Business Class, ma IMG_0022senza  i privilegi della VIP Launge e dello champagne di benvenuto a bordo. Perciò, da veri emigrati quali siamo, abbiamo stipato all’inverosimile il bagagliaio, incastrando le valige in ogni pertugio e siamo partiti in macchina facendo una tappa a metà strada per rendere il viaggio meno faticoso, sopratutto per Elisabetta.

Per raggiungerla, ovvero per arrivare all’hotel appena prima della Svizzera, la tabella di marcia prevedeva circa 3,5h di viaggio (ovviamente senza soste). Non so dirvi però come mai, se per aggirare le code che si creano ogni sera alla frontiera con la Francia (adesso che i controlli sono intensificati), o perché c’è un accordo segreto tra Google Maps ed i viticultori della Mosella, fatto sta che il navigatore ci ha fatto passare per la Germania, facendoci allungare la strada ma sopratutto facendoci transitare per Strasburgo durante il momento peggiore della giornata: l’orario di rientro.

Alle nove di sera finalmente arriviamo a destinazione! Dopo la prematura gioia dell’arrivo, scopriamo purtroppo che il ristorante dell’hotel era appena stato chiuso. Secondo il gestore, in Francia vige, la regola che alle 22:00 tutte le cucine devono essere chiuse, perciò per stare sicuri, alle 2IMG_00331 i cuochi cominciano a rassettare. Se arrivi tardi, beh … salti la cena! Fortunatamente c’è sempre qualche crumiro che se ne infischia delle regole e cosi sul foto-finish siamo riusciti a prenderci una pizzaccia e a dare da mangiare alla povera creatura!

Quando tutto sembrava tornato sotto controllo, siamo entrati in camera e subito ci siamo accorti che qualche cosa non andava: non solo non ci aveIMG_0034vano dato il lettino per la bambina che avevamo richiesto, ma il nostro letto era composto da due lettini singoli. Ci siamo guardati, Mamma ed io con aria depressa e ci siamo chiesti: “ma dove facciamo dormire Elisabetta????”. Grazie al cielo siamo riusciti  a farci cambiare la stanza, con una che almeno aveva il letto “matrimoniale”. Matrimoniale si ma porcaccia la miseria, alla francese. Ora non so se sono taccagni o gli piace dormire appiccicati, ma il letto alla francese ha qualche centimetro in meno da ambo i lati. Per cui con Elisabetta stravaccata nel mezzo del lettone, la nottata non è stata una delle migliori, tanto che la mattina, causa stanchezza abbiamo ritardato la partenza di quasi due ore.

L’arrivo a casa è stato però rigenerante, con un sacco di sorrisi ad accoglierci e un po di divertimento per la piccola Elisabetta, che a casa dei nonni ha trovato addirittura i giochi dell’infanzia di Mamma e dello Zio Matte.

Traditi dall’emozione di voler rivedere tutti e tutto, abbiamo tentato di concentrare  in due giorni scarsi una serie di appuntamenti che hanno fatto diventare la nostra permanenza un vero e proprio tour de force. Bisnonne, Nonni, parenti, amici, passando da una provincia all’altra come se non avessimo già percorso abbastanza Km nell’attraversare mezza Europa. Ovviamente non si poteva non sfruttare l’occasione per rivedere quante più persone possibili e farci sentire ancora più la nostalgia di posti e volti che mancano alla nostra quotidianità Lussemburghese.

Come ogni cosa bella, anche questa parte del viaggio ha avuto una fine. E dopo un overdose di amicizia e di feste in famiglia, il tragico momento della partenza si è presentato implacabile, come sempre. Controvoglia abbiamo ricaricato macchina e valige (aumentate nel frattempo per le compere italiane) e siamo partiti: direzione Lussemburgo.

La chicca finale di un viaggio perfetto è avvenuta nella tappa autogrill. Dopo aver dato la pappa ad Elisabetta ci siamo un attimo rilassati  facendo giocare la piccola ad un bellissimo tavolo per bambini che conteneva dei fori con dei cestini pieni di Lego e vagoncini di trenino. Gioca e piega, schiaccia e tira, Elisabetta a un certo punto ha regalato all’interno di uno di questi meravigliosi cestini un “assaggio” della sua cena! Completamente da cambiare lei, mentre noi ci siamo messi a ripulire uno ad uno i cubetti di lego, “inaciditi” dalla digerita pappa della nostra stellina. Insomma il viaggio della speranza, è terminato con il botto!

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